Mafia, scoperta la nuova Cupola di Palermo
i boss puntavano agli affari di Zamparini
La Procura distrettuale antimafia dispone il fermo di 36 persone: in manette i capi dei tre mandamenti più influenti di Cosa nostra. A Roma fermata Nunzia Graviano, la sorella dei boss di Brancaccio, che avrebbe gestito il tesoro della cosca. A Palermo, anche due insospettabili nelle fila dei clan: un ex presidente del movimento cristiano lavoratori, Calogero Di Stefano, e il gestore del bar dello stadio Barbera, Giovanni Li Causi, che avrebbe tentato di far infiltrare i boss negli affari del presidente del Palermo Maurizio Zamparini. Il boss Caporrimo in tribuna vip con i biglietti gratis
di SALVO PALAZZOLOPALERMO - I nuovi capi delle famiglie mafiose di Palermo si riunivano in una delle sale trattenimento più note della città, Villa Pensabene. Facevano grandi pranzi, con l'immancabile antipasto di ostriche e panelle, intanto discutevano del futuro di Cosa nostra siciliana. Non immaginavano certo di essere pedinati e intercettati. E invece, adesso, c'è un lungo film che ritrae le ultime riunioni della Cupola mafiosa: gli uomini che avanzano sulla scena con aria sicura sono vecchi mafiosi appena usciti dal carcere, ma anche insospettabili, sono i rappresentanti dei tre mandamenti più autorevoli di Cosa nostra: Tommaso Natale, Brancaccio e Passo di Rigano. Questa notte, 36 fra capi e gregari sono stati fermati da polizia, carabinieri e guardia di finanza su ordine della Procura distrettuale antimafia di Palermo diretta da Francesco Messineo e coordinata dagli aggiunti Antonio Ingroia e Ignazio De Francisci.
LE FOTO- Gli arrestati 1 / 2
- Gli incontri tra boss
- Il bacio sulle labbra
- I parenti alla Mobile
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Nella parte occidentale della città, fra Tommaso Natale e Resuttana, comandava un boss tornato in libertà da appena un anno, Giulio Caporrimo: la domenica, era spesso nella tribuna Vip dello stadio Barbera, grazie ai biglietti che gli procurava un suo insospettabile fidato, il gestore del bar dello stadio, Giovanni Li Causi, arrestato pure lui. Secondo la ricostruzione dei carabinieri del Nucleo Investigativo, Li Causi avrebbe tentato di piazzare ditte vicine a Cosa nostra negli spazi espositivi del nuovo centro commerciale del presidente del Palermo Maurizio Zamparini, in corso di realizzazione. I boss puntavano anche a gestire i lavori del nuovo stadio: il cantiere deve essere ancora aperto, ma già i boss cercavano di mettere le mani sui subappalti.
Fra gli insospettabili del clan di Tommaso Natale, il nucleo speciale di polizia valutaria della Finanza ha scoperto anche un pensionato dell'Amat, l'azienda trasporti della città: Calogero Di Stefano è un ex responsabile del movimento cristiano lavoratori, come lo era stato un altro boss, l'architetto Giuseppe Liga, in carcere ormai da un anno.
L'indagine su Tommaso Natale è stata coordinata dai pm Francesco Del Bene, Gaetano Paci, Annamaria Picozzi, Lia Sava e Marcello Viola. Caporrimo e il suo clan puntavano a realizzare un grande locale sul mare di Sferracavallo, e per questo avevano bisogno di diverse autorizzazioni amministrative. Sembra che fossero già riusciti a contattare alcuni politici per trovare le giuste raccomandazioni.
Il tesoro di Cosa nostra
C'era un manager d'eccezione a gestire il patrimonio milionario di una delle famiglie storiche di Cosa nostra siciliana: Nunzia Graviano, la sorella dei boss Filippo e Giuseppe, condannati per le stragi del 1992-1993 e rinchiusi al carcere duro. La sezione Criminalità organizzata della squadra mobile ha seguito alcuni mafiosi di Brancaccio fino a Roma, dove risiedeva Nunzia Graviano, in un'elegante palazzina di via Santa Maria Goretti 16: i boss avevano il compito di consegnare alla donna il denaro delle estorsiorni e quello proveniente dalla gestione del patrimonio immobiliare. Poi, ripartivano immeditamente per la Sicilia.
A Palermo, gli eredi dei Graviano incontravano anche rappresentanti dell'ndrangheta specialisti nel traffico di droga, come Gioacchino Piromalli. E intanto, continuavano a fare la loro vita da insospettabili: Giuseppe Arduino, considerato al vertice del mandamento, era ufficialmente solo un fattorino dell'hotel San Paolo Palace, confiscato negli anni Novanta proprio ai fratelli Graviano. Altri esponenti del clan gestivano un bar fra i più noti della città, il bar Sofia, in via Mondini, traversa della centralissima via Libertà.
"Abbiamo colpito il nucleo storico di Cosa nostra palermitana, che continuava a gestire affari e a imporre estorsioni", dice il questore di Palermo, Nicola Zito. Il comandante provinciale dei carabinieri, il generale Teo Luzi, commenta: "L'associazione mafiosa continua a dimostrare grande capacità di riorganizzazione, nonostante gli arresti e i processi che si susseguono, ma lo Stato non ha abbassato la guardia nella lotta alla mafia".
Gli arrestati
I carabinieri, coordinati dal tenente colonnello Paolo Piccinelli e dal maggiore Antonio Coppola, hanno arrestato con i finanzieri della Valutaria, diretti dal maggiore Pietro Vinco, 15 mafiosi di Tommaso Natale: oltre a Caporrimo, Di Stefano e Li Causi, le manette sono scattate per Marcello Coccellato, Ugo De Lisi, Giuseppe Enea, Fabio Gambino, Andrea Luparello, Vincenzo Di Blasi, Sandro Diele, Filippo Pagano, Amedeo Romeo, Stefano Scalici, Giuseppe Serio, Antonino Vitamia.
I poliziotti della squadra mobile, coordinati da Maurizio Calvino e Nino De Santis, hanno fermato a Brancaccio 17 persone: oltre alla sorella dei Graviano, Cesare Lupo, Antonino Sacco, Giuseppe Arduino, Antonino Caserta, Matteo Scrima, Michelangelo Bruno, Girolamo Celesia, Pietro Asaro, Natale Bruno, Giovanni Torregrossa, Filippo Tutino, Alberto Raccuglia, Antonino Lauricella, Pietro Arduino, Salvatore Conigliaro e Antonino Mistretta. I provvedimenti di fermo portano la firma dei pm Francesca Mazzocco, Caterina Malagoli e Vania Contrafatto.
I carabinieri del Ros, diretti dal tenente colonnello Fabio Bottino, hanno fermato invece quattro esponenti del mandamento di Passo di Rigano: Giovanni Bosco, Alfonso Gambino, Ignazio Mannino e Matteo Inzerillo, tutti partecipanti al summit del febbraio scorso a Villa Pensabene.
L'ultimo giallo
Alcuni fotogrammi dell'incontro di febbraio ritraggono uno dei capi storici del mandamento di Santa Maria di Gesù, Giuseppe Calascibetta, a braccetto con gli altri capimafia. Ma poi deve essere accaduto qualcosa di grave, gli equilibri fra alcune famiglie di Cosa nostra si sono incrinati: il 19 settembre scorso, Calascibetta è stato assassinato sotto casa sua.
(29 novembre 2011)
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