giovedì 28 novembre 2013
MASTER PUBBLICO O PRIVATO? STESSO VALORE GIURIDICO. MA BISOGNA GUARDARE I CONTENUTI PER VALUTARE
avevo promesso che avrei spiegato una piccola differenza che c'è tra i vari tipi di masters che spesso le università non spiegano, per invogliare a fare i corsi che vogliono loro, e che spesso si rivelano fiaschi, con insegnanti poco qualificati... io fino all'altro giorno, ho avuto discussioni con un professore dell'università, di cui per privacy non dico il nome, ma che mi invogliava a fare un master in turismo aziendale. organizzato dall'unical. io a questo ho preferito un master privato, che ha sempre valore di legge, in tourism management. che invece raccoglie tutti gli aspetti del turismo. dalle agenzie di viaggi, agli hotels, alle navi da crociera, ai villaggi turistici e via via tutto il resto. mentre il primo master analizza l'impresa turistica solo dal punto di vista contabile, argomento peraltro gia' compreso all'interno del programma del mio master privato. e praticamente quando il docente in questione ha saputo che avevo scelto il master privato, lui mi ha detto ma cosa combini, quello non ti abilita a nulla. ho risposto: come prof non mi abilita a nulla, ha valore di legge come un master di primo livello, e che mi da accesso al master di secondo livello. provando che ho una laurea presa nell'ateneo in questione. nessun tipo di master, sia che sia privato, sia che lo organizza l'università, abilita a direttore tecnico, guida turistica, ed accompagnatore turistico, quelli sono esami che si tengono alle regioni ed alle province, in quanto è la legge che lo stabilisce, gli albi si trovano li.... e regioni e province ne hanno la delega... io ho sentito anche di persone che erano poco soddisfatte dai masters universitari, ed al contrario soddisfatte dei masters privati... perche' i secondi ti preparano meglio.... il fatto è che c'è una grossa rivalità tra scuole pubbliche e private. ognuno tira l'acqua al suo mulino, io me la spiego cosi', quindi ragazzi riepilogando
Valutate la vostra scelta tra masters universitari e privati, Se avete occasione di fare un master privato fatelo.... perche' poi potete accedere ad un master di secondo livello.... e siete meglio preparati. avete personale più qualificato. non so poi dipende dai programmi. se bilanciando i due masters, prendendo come esempio il mio, esaminano entrambi tutti gli aspetti beh valutate con attenzione, specialmente il personale docente, le aule e le strutture, dove si tiene. io l'ho fatto ed alla fine ho preferito il privato... ho preso anche un cambridge con un istituto privato, il master lo termino in gennaio. poi col titolo in mano valuterò che fare
In Bocca al lupo per la carriera
SCAMPOLI POST DECADENZA
PREMETTO CHE DOPO QUANTO SUCCESSO IERI, NON MI VANTO PER NIENTE. HO SOLO LA CONSAPEVOLEZZA DI AVERE AGITO A TUTELA DEL PAESE, IN QUESTI LUNGHI ANNI DI OPPOSIZIONE AL DECADUTO, PER CERCARE DI FARE RINASCERE UNA SPERANZA A CHI L'AVEVA PERSA, ADESSO SAPETE CHE LA POLITICA DI GUERRA E' FINITA... SARANNO ALTRI E NON IL SOTTOSCRITTO AD OCCUPARSI DI RICOSTRUIRE, CANDIDARSI AD ELEZIONI LOCALI E NAZIONALI .... DICIAMO CHE NECESSARIAMENTE IO MI ASTERRO' DAL FARE ATTIVISMO COME PRIMA, E QUESTO EX ABUSIVO DELLE ISTITUZIONI E DEL PARLAMENTO ITALIANO NON LO VOGLIO COMMENTARE PIU'... METTO QUESTO MESSAGGIO PIU' CHE ALTRO PER CERCARE DI SMONTARE QUALSIASI IPOTESI DI SUO RITORNO SULLE SCENE POLITICHE ITALIANE, ANCHE SU QUELLE EUROPEE, LA POSSIBILITA DI UN RITORNO SULLE SCENE E' ALQUANTO RISICATA.... PERCHE' DOVRA' ESSERCI NECESSARIAMENTE UN PAESE CHE CANDIDI I CONDANNATI... E QUALE E'?
COMUNQUE COMINCIAMO A COMMENTARE I SUOI MISFATTI... A LUI CHE SI CREDEVA CHE TUTTO GLI ERA CONCESSO
A lui che si è arricchito illecitamente è lui che ha portato la corruzione, dato terreno fertile alla malavita, è lui che ha consolidato le caste, è lui che si sentiva invincibile, al di sopra della legge, è lui che ricattava, è lui che comprava i senatori, , è lui che ha avuto il monopolio delle televisioni assoluto, è lui che ha rovinato scuola e sanità pubblica,, e chiuso ospedali, è lui che ha progettato di chiudere i tribunali e modificare la giustizia è lui che se fatto leggi ad personam depenalizzando i reati che lo potevano inguaiare, è lui che se fatto leggi per le sue aziende, è lui che ha minacciato la magistratura, di essere rossa è lui che ha frodato il fisco e si trombava le minorenni, è lui che violava la legge, è lui che corrompeva per non decadere, è lui che ha tirato l'italia nel ridicolo, è lui che ha creato equitalia e la supertassazione che con tremorti ha mandato in rovina migliaia di famiglie, i cui padri di famiglia si sono uccisi.... è lui che ha devastato l'impresa al sud, e rovinato il mezzogiorno, quindi il decaduto non facesse la vittima, che lui ne ha gia fatte tante, il che significa che non si stava meglio per niente... si puo' solo migliorare. e non dimentichiamo le società offshore che ha nel mondo in cui ci sono nascosti miliardi di euro.... so tutto di lui in questi anni l'ho scavato sino al midollo spinale
POI SPECIFICHIAMO.... LUI NON CORRERA' PIU'... PERCHE'....
Un seggio in Europa per il Cavaliere? La possibilità che Silvio Berlusconi possa essere eletto al Parlamento europeo è remotissima, anche perché a candidarlo dovrebbe essere un altro paese, in cui non esiste una norma sulla incandidabilità dei condannati in via definitiva. Ma in teoria questa possibilità c’è. Come c’è quella che l’ex premier possa essere oggetto di misura cautelare, per esempio gli arresti domiciliari.
Anche perché se la maggior parte dei procedimenti in corso ma non conclusi – da Bari e Napoli in primis – sono per così dire cristallizzati, in arrivo c’è l’inchiesta Ruby ter. Indagine ancora non aperta, ma pericolosissima per Berlusconi: che il reato contestato sia “intralcio alla giustizia”, “induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria” oppure “corruzione in atti giudiziari” o ancora “subornazione di testimoni” per il pagamento dei testi dei processi Ruby e Ruby bis in teoria un giudice potrebbe valutare che l’ex premier sia in grado di inquinare le prove, di reiterare il reato e in considerazione del suo reddito (nonché amicizie) fuggire.
La legge blocca la candidatura anche nelle circoscrizioni. Dalle 17,43 di ieri, 27 novembre, il leader di Forza Italia è senza lo scudo dell‘immunità parlamentare. La legge Severino non gli lascia spazi in Italia: non solo Berlusconi è decaduto dal suo scranno di senatore “immediatamente, con il voto del Parlamento”, come spiega il professore Carlo Federico Grosso, docente di diritto penale e avvocato; ma, “a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza Mediaset, è incandidabile per sei anni”. Una tagliola che gli preclude tutto (Parlamento, governo, cariche nelle regioni e nei comuni): “Non potrà nemmeno fare il consigliere circoscrizionale”, sintetizza il professore. E se non può sperare nemmeno in una candidatura in Italia all’assemblea della Ue. Ma il discorso cambierebbe se fosse un altro Stato a offrirgli un posto in lista: “Penso che possa essere candidato al Parlamento europeo da un altro Paese, che non abbia una norma sull’incandidabilità come quella italiana”. Infatti l’articolo 4 della legge prevede l’incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all’Italia, ma non in un altro paese: “Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo spettante all’Italia coloro che si trovano nelle condizioni di incandidabilità”. Che un italiano, anche se il caso non è neanche lontanamente paragonabile all’affaire Berlusconi, fosse candidato alle europee su mandato di un altro paese è già successo nel 2009: Giulietto Chiesa, incensurato, fu candidato in Estonia per il partito a difesa della minoranza russa.
L’istanza di revisione non incide su decadenza e incompatibilità. La sola richiesta di revisione del processo Mediaset, la cui condanna definitiva ha fatto scattare la legge Severino, non basterebbe invece a salvare il Cavaliere: “Non cambierebbe nulla su decadenza e incompatibilità”. Lo scenario sarebbe un altro, solo se venisse accolta “ma nella stragrande maggioranza dei casi le Corti d’appello dichiarano inammissibili le istanze di revisione, che devono basarsi su fatti nuovi non considerati nei precedenti gradi di giudizio e decisivi a ribaltare la sentenza”. E se soprattutto alla fine la condanna fosse effettivamente sostituita da un’assoluzione definitiva. “Se tutto questo avvenisse nel corso di questa legislatura Berlusconi dovrebbe verosimilmente riottenere il suo scranno di senatore”, sostiene Grosso. Ma bisogna ricorda che i legali, Franco Coppi e Niccolò Ghedini, l’istanza la stanno ancora valutando e hanno spiegato che ci vorranno mesi per essere pronti a depositare la documentazione.
Sarà il magistrato di sorveglianza a decidere se potrà continuare l’attività politica. Fuori dal Parlamento Berlusconi potrebbe continuare a fare comunque attività politica, ma tutto dipenderà dalle decisioni del magistrato di sorveglianza sulla sua richiesta di scontare la pena del processo Mediaset con l’affidamento in prova ai servizi sociali. Nel caso di un sì – una decisione piuttosto probabile – “sicuramente Berlusconi potrebbe fare attività politica in senso lato, nei limiti consentiti dalle prescrizioni dell’autorità giudiziaria, che ha comunque un’ampia discrezionalità nello stabilire gli obblighi di chi è affidato ai servizi sociali”. Limiti che “diventerebbero molto più stringenti” se al leader di Forza Italia venissero dati gli arresti domiciliari.
Perquisizioni, intercettazioni e anche misure cautelari con perdita status. Ma gli effetti più pesanti derivanti dalla perdita dello status di parlamentare per il Cavaliere potrebbero essere di tipo giudiziario: “Con la decadenza da senatore cade l’immunità parlamentare. E cioè il divieto di procedere a misure cautelari o a provvedimenti di perquisizione, sequestro e intercettazioni senza la preventiva autorizzazione della Camera di appartenenza. Qualsiasi procura e qualsiasi gip potrebbero richiedere – ragiona Grosso – o emettere un’ordinanza di custodia cautelare, ovviamente in presenza delle condizioni previste dalla legge e purché si tratti di reati per i quali è prevista la custodia cautelare”.
La situazione si aggraverebbe ulteriormente se a Berlusconi arrivasse un’altra condanna definitiva, magari per il processo Ruby. “Salterebbe l’indulto e, se la nuova pena superasse i tre anni, gli verrebbe revocato l’affidamento ai servizi sociali, nel caso gli fosse stato concesso. A quel punto il giudice dovrebbe decidere se dargli la detenzione in carcere o i domiciliari in ragione dell’età. Età che non è comunque un elemento decisivo”. La prova di ciò è il precedente che riguarda Callisto Tanzi: “era ultrasettantenne al momento di scontare la condanna per il crac Parmalat ma non gli furono concessi i domiciliari, nonostante i suoi legali avessero motivato la richiesta con le sue gravi condizioni di salute”.
Quindi la paura non può che esserci. “Vedrete che qualche pm tenterà di fare il colpo del secolo e mi arresterà. Ma alla fine la verità verrà fuori” diceva a Palazzo Grazioli poco prima di salire sul palco per la manifestazione anti-decadenza. D’altra parte lo dice il diritto, ma vista da questo punto di vista, l’incandidabilità rischia di essere l’ultimo dei problemi per il Cavaliere.
sentiamo comunque il video del professore morra ieri in senato
http://goo.gl/Q8Qwbb
Arresto preventivo. fermo di polizia giudiziaria art. 280 cpp
in teoria il decaduto in base alla condanna mediaset non rischia l'arresto in quanto è da definire 1 anno di servizi sociali 4 anni la condanna di cui tre anni condonati dall'indulto. ma sulle altre vicende giudiziarie rischia l'arresto preventivo. se cerca di inquinare le prove in base all'art 280 cpp.... che cosa stabilisce in merito l'articolo
Diritto penale
L'articolo 280 del codice di procedura penale determina le condizioni di applicabilità delle misure coercitive, stabilendo che:
« Salvo quanto disposto dai commi 2 e 3 del presente articolo e dall'art. 391, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni. La custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.
La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare. »
Nel computo dei limiti temporali previsti non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, tranne che per una attenuante (l'avere, nei delitti contro il patrimonio cagionato un danno di speciale tenuità) e per una aggravante (l'avere ostacolato la pubblica o privata difesa).
L'applicazione di una misura cautelare può essere conseguente all'arresto su ordine del GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) ovvero al fermo di polizia di un indiziato di delitto, ovvero un soggetto colto in flagranza di reato, quando la persona viene colta nell'esecuzione di un reato, arresto che viene eseguito dalla Polizia giudiziaria che deve comunicare l'accaduto al Pubblico ministero competente entro 24 ore.
L'arresto o il fermo così effettuato è subordinato a convalida da parte del Giudice per le indagini preliminari (GIP) competente per territorio, e può essere seguito o dall'applicazione di una misura cautelare, o anche dalla remissione in libertà dell'arrestato.
Le tipologie delle misure cautelari personali coercitive sono le seguenti:
Obbligatorie
Divieto di espatrio
(Art. 281 c.p.p.) Con il provvedimento che dispone il divieto di espatrio, il giudice prescrive all'imputato di non uscire dal territorio nazionale senza l'autorizzazione del giudice che procede. Il giudice dà le disposizioni necessarie per assicurare l'esecuzione del provvedimento, anche al fine di impedire l'utilizzazione del passaporto e degli altri documenti di identità validi per l'espatrio.
Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria
(Art. 282 c.p.p.) Con il provvedimento che dispone l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il giudice prescrive all'imputato di presentarsi a un determinato ufficio di polizia giudiziaria. Il giudice fissa i giorni e le ore di presentazione tenendo conto dell'attività lavorativa e del luogo di abitazione dell'imputato.
Allontanamento dalla casa familiare
(Art. 282-bis c.p.p.) Con il provvedimento che dispone l'allontanamento il giudice prescrive all'imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede. L'eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni. Il giudice, su richiesta del Pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati. Il giudice determina la misura dell'assegno tenendo conto delle circostanze e dei redditi dell'obbligato, e stabilisce le modalità ed i termini del versamento. Può ordinare, se necessario, che l'assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell'obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui spettante. L'ordine di pagamento ha efficacia di titolo esecutivo.
I provvedimenti di cui sopra possono essere assunti anche successivamente al provvedimento de quo, sempre che questo non sia stato revocato o non abbia comunque perduto efficacia. Essi, anche se assunti successivamente, perdono efficacia se è revocato o perde comunque efficacia il provvedimento di cui sopra. Il provvedimento di cui sopra, se a favore del coniuge o dei figli, perde efficacia, inoltre, qualora sopravvenga l'ordinanza prevista dall'articolo 708 del codice di procedura civile, ovvero altro provvedimento del giudice civile in ordine ai rapporti economico-patrimoniali tra i coniugi ovvero al mantenimento dei figli. Il provvedimento di cui sopra può essere modificato se mutano le condizioni dell'obbligato o del beneficiario, e viene revocato se la convivenza riprende.
Divieto o obbligo di dimora
(Art. 283 c.p.p.) Con il provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede. Con il provvedimento che dispone l'obbligo di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi, senza l'autorizzazione del giudice che procede, dal territorio del Comune di dimora abituale ovvero, al fine di assicurare un più efficace controllo o quando il comune di dimora abituale non è sede di ufficio di polizia, dal territorio di una frazione del predetto comune o dal territorio di un comune viciniore ovvero di una frazione di quest'ultimo. Se per la personalità del soggetto o per le condizioni ambientali la permanenza in tali luoghi non garantisce adeguatamente le esigenze cautelari previste dall'art. 274, l'obbligo di dimora può essere disposto nel territorio di un altro comune o frazione di esso, preferibilmente nella provincia e comunque nell'ambito della regione ove ubicato il comune di abituale dimora.
Quando dispone l'obbligo di dimora, il giudice indica l'autorità di polizia alla quale l'imputato deve presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo dove fisserà la propria abitazione. Il giudice può prescrivere all'imputato di dichiarare all'autorità di polizia gli orari e i luoghi in cui sarà quotidianamente reperibile per i necessari controlli, con obbligo di comunicare preventivamente alla stessa autorità le eventuali variazioni dei luoghi e degli orari predetti. Il giudice può, anche con separato provvedimento, prescrivere all'imputato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio per le normali esigenze di lavoro. Nel determinare i limiti territoriali delle prescrizioni, il giudice considera, per quanto è possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro e di assistenza dell'imputato. Quando si tratta di persona tossicodipendente o alcool dipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell'ambito di una struttura autorizzata, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il programma di recupero prosegua. Dei provvedimenti del giudice è data in ogni caso immediata comunicazione all'autorità di polizia competente, che ne vigila l'osservanza e fa rapporto al pubblico ministero di ogni infrazione.
Nonostante il nome, si tratta quindi di divieti o obblighi di accesso, non solo di dimora.
Custodiali
Arresti domiciliari
(Art. 284 c.p.p.) Con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza. Quando è necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono. Se l'imputato non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa. Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni momento l'osservanza delle prescrizioni imposte all'imputato. L'imputato agli arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare. Ad esempio, al sottoposto agli arresti domiciliari si applica la disciplina sulla riparazione per ingiusta detenzione, si applicano i termini massimi di custodia previsti a proposito delle misure cautelari, inoltre, il periodo di tempo trascorso in stato di arresti domiciliari deve essere scomputato dalla pena complessiva eventualmente inflitta. Non possono essere, comunque, concessi gli arresti domiciliari a chi sia stato condannato per il reato di evasione nei cinque anni precedenti al fatto per il quale si procede. A tale fine il giudice assume nelle forme più rapide le relative notizie.
Custodia cautelare in carcere
È la forma più intensa di privazione della libertà personale in tema di misure cautelari. L'art. 275 c.p.p. prevede che si possa applicare la custodia cautelare in carcere solamente quando ogni altra misura risulti inadeguata (principio di extrema ratio della custodia cautelare). In Italia è consentita la carcerazione preventiva solo in tre casi, cioè pericolo di fuga e conseguente sottrazione al processo ed alla eventuale pena, pericolo di reiterazione del reato e pericolo di turbamento delle indagini.
Con il provvedimento che dispone la custodia cautelare, il giudice ordina agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria che l'imputato sia catturato e immediatamente condotto in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell'autorità giudiziaria. Prima del trasferimento nell'istituto, la persona sottoposta a custodia cautelare non può subire limitazione della libertà, se non per il tempo e con le modalità strettamente necessarie alla sua traduzione in tale luogo (art. 285 c.p.p.). Per determinare la pena da eseguire, la custodia cautelare subita si computa come pena scontata, anche quando si tratti di custodia cautelare subita all'estero in conseguenza di una domanda di estradizione ovvero nel caso di rinnovamento del giudizio a norma dell'art. 11 c.p.
Gli istituti adibiti alla custodia prendono il nome di case circondariali e la loro esistenza è sancita dagli artt. 59 e seguenti dell'ordinamento penitenziario: "le case circondariali assicurano la custodia degli imputati a disposizione di ogni autorità giudiziaria. Esse sono istituite nei capoluoghi di circondario". Solitamente vi sono ristrette persone in attesa di giudizio o con una detenzione nel massimo, o un residuo pena, di anni tre, salvo eccezioni. Gli ospiti delle case circondariali negli ultimi anni, per una percentuale dal 30% al 60% (a seconda delle carceri), sono cittadini stranieri.
In Italia la maggioranza dei detenuti è in attesa di giudizio anche se spesso, dopo un primo periodo di detenzione, se il detenuto collabora e da segni di ravvedimento, è frequente il caso che gli siano concessi gli arresti domiciliari in attesa del processo, sempre che abbia a sua disposizione un domicilio idoneo.
Donne e custodia in carcere
Per le donne in gravidanza o con figli al di sotto dei sei anni è in ogni caso vietata la custodia in carcere: eventuali misure restrittive devono avvenire all'interno del domicilio o, in assenza di questo, in case-famiglia.[1] Va tuttavia osservato che è tradizione applicare alle donne misure cautelari molto meno stringenti rispetto alle controparti maschili: è molto difficile infatti che una donna venga messa in carcere, anche per i reati più gravi e in presenza di inconfutabili indizi di colpevolezza, per i quali al massimo vengono dati gli arresti domiciliari. Nella maggior parte dei casi, a parità di reato e di quadro probatorio, quando gli uomini vengono posti in carcere le donne rimangono in libertà.[2]
Custodia cautelare in luogo di cura
(Art. 286 c.p.p.) Se la persona da sottoporre a custodia cautelare si trova in stato di infermità di mente che ne esclude o ne diminuisce grandemente la capacità di intendere o di volere, il giudice, in luogo della custodia in carcere, può disporre il ricovero provvisorio in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero, adottando i provvedimenti necessari per prevenire il pericolo di fuga. Il ricovero non può essere mantenuto quando risulta che l'imputato non è più infermo di mente.
Termini
Sono previsti termini di durata: intermedi, massimi, complessivi. I termini intermedi sono quattro. Il termine massimo comprende i termini intermedi. I termini complessivi comprendono anche le sospensioni della misura cautelare. Le misure obbligatorie hanno durata doppia rispetto a quelle custodiali. Il termine massimo della custodia cautelare in carcere è di 30 giorni, prorogabili al mssimo altre due volte (c.p. art. 301 c. 2-bis e 2-ter). Il termine massimo della custodia cautelare complessiva è in relazione alla pena massima prevista per il delitto (c.p. art. 303).
Il conteggio inizia a decorrere nuovamente in presenza di atti giudiziari relativi allo stesso reato che lo consentano, o di nuovi capi di imputazione anche relativi a fatti materialmente commessi prima dell'inizio della carcerazione preventiva.
Le Sezioni Unite Penali della Cassazione, con la sentenza n. 4614 del 5 febbraio 2007, hanno stabilito che il limite massimo della carcerazione preventiva non è un limite perentorio, ed è derogabile da un provvedimento del giudice consentito dalla legge. Non è invece accettabile un meccanismo processuale dal quale derivi che, alle scadenze temporali considerate dalla legge, pur in mancanza di un provvedimento del giudice, la custodia cautelare non debba inderogabilmente cessare. Diversi costituzionalisti ritengono palesemente illegittimo questo orientamento giurisprudenziale che consente una limitazione della libertà personale senza confini temporali, in casi limite di far scontare un ergastolo a persone in attesa di giudizio, con una semplice sequenza di provvedimenti giudiziali che prorogano la custodia cautelare. Il magistrato potrebbe esercitare l'azione penale in modo da non incriminare subito l'imputato con tutti capi di accusa noti, e introdurli "gradualmente" allo scadere dei termini di custodia cautelare, rinnovati ogni volta con accuse nuove.
IN SINTESI PER CIO' CHE LO RIGUARDA SE PROVA A COMPRARSI I TESTIMONI COME HA FATTO IN PASSATO, LE PROCURE HANNO MANO LIBERA NELLO SPICCARE UN MANDATO DI ARRESTO
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