Politica
28/11/2011 - retroscena
Il Cavaliere vuole evitare
la leadership di Casini
Rispolvera gli slogan
sul comunismo per parlare
a tutti i moderati
amedeo la mattina
roma
Berlusconi non voleva andarci a Verona. Aveva già
dato forfait sabato. Non aveva alcuna intenzione di intervenire al
convegno dei Popolari Liberali di Giovanardi. Avrebbe preferito che
parlasse solo il segretario del Pdl Alfano, per non oscurarlo. Ma alla
fine si è fatto convincere per non dare un dispiacere al suo ex
sottosegretario e anche cogliere l’occasione di una presa di distanze da
una maggioranza politica indistinta. Non vuole confondersi innanzitutto
con il Pd che ritorna a bollare come comunista, incapace di evolversi
in senso socialdemocratico. Un’accusa che contiene dell’altro, non
detto: un modo per mettere sottoscacco i centristi del Terzo polo, a
cominciare dall’Udc di Casini che, abbattute le barriere tra centro,
sinistra e destra, sta prendendo le misure delle future alleanze sul
grado di sostegno al governo Monti. Esattamente ciò che il Cavaliere
vuole evitare per non farsi relegare nel dimenticatoio e favorire una
nuova Dc del Terzo Millennio in cui Alfano verrebbe inghiottito. Insieme
a un bel pezzo di Pdl.
Ma la situazione finanziaria europea è su un crinale così pericoloso che dovrebbe sconsigliare riserve e tatticismi sull’azione di Monti. Invece Berlusconi ha dato l’impressione di voler aprire una lunga quanto prematura campagna elettorale. Ha toccato le corde di quella parte del suo partito che ha ancora il dente avvelenato per essere stata spinta fuori dai ministeri e si trova una Lega cannibale sulla schiena. Così il Cavaliere, non avendo una strategia ancora chiara e potendo solo ripetere che la colpa dello tsunami sull’euro non era sua, risfodera il vecchissimo cavallo di battaglia dei comunisti alle porte, del Pd mai diventato socialdemocratico.
Dal partito di Bersani nessuna risposta ufficiale. In via riservata i Democratici spiegano che le parole dell’ex premier sono quelle di un uomo sconfitto, che recita due parti in commedia. Si appresta a votare il pacchetto delle misure anti-crisi, sa che Monti durerà fino al 2013 perché provocare le elezioni anticipate sarebbe un disastro per lui, il ko definitivo. Deve però alzare la voce, distinguersi, evocare in maniera stanca vecchi repertori di una stagione sepolta. In questo modo, osservano a Largo del Nazareno, il Cavaliere pensa di tenere a bada chi nel suo partito lo spinge a elezioni in primavera. Ma c’è un’altra parte del Pdl, dai ciellini di Lupi e Formigoni a Scajola, Frattini ed ex Dc, che voglio andare avanti con Monti. E guardano all’Udc e al Terzo Polo come via d’uscita dal vecchio schema del centrodestra e dall’abbraccio con la Lega. Sono gli stessi che temono che Alfano non abbia le gambe per creare la riunificazione dei moderati sul modello Ppe.
Casini vorrebbe strappare il velo di ipocrisia che copre i rapporti tra le forze politiche che sostengono Monti. Fosse per lui i vertici della nuova maggioranza dovrebbero tenersi alla luce del sole, senza infilarsi nei sottopassaggi del Senato. L’ex presidente della Camera tuttavia non crede che Berlusconi stacchi la spina fintantoché i suoi interessi saranno salvaguardati. Del resto, è stato lo stesso Bossi a spiegare che l’ok del Cavaliere al nuovo governo è stato dettato dalla necessità di mettere a riparo le aziende Mediaset.
Ora il problema è tutto di Alfano. Quando i provvedimenti economici arriveranno in Parlamento dovrà tenere unito il suo partito. Se il Pdl si spaccherà, dovrà decidere da che parte buttarsi. Nel Pdl molti, da entrambe le fazioni, si chiedono se avrà birra nelle gambe per tenere la botta: o di rompere o di continuare a sostenere Monti, in ogni caso. Alfano va in quest’ultima direzione, su un terreno di responsabilità nazionale in cui può incontrare il Terzo Polo e costruire la nuova casa dei moderati. Più facile a dirsi che a farlo perché tutto passa attraverso il cerchio di fuoco della prova del governo Monti. Ancora una volta potrebbe essere Berlusconi a dire l’ultima parola e lo stesso Alfano è terrorizzato che possa essere Casini a prendersi la leadership del Ppe italiano.
Ma la situazione finanziaria europea è su un crinale così pericoloso che dovrebbe sconsigliare riserve e tatticismi sull’azione di Monti. Invece Berlusconi ha dato l’impressione di voler aprire una lunga quanto prematura campagna elettorale. Ha toccato le corde di quella parte del suo partito che ha ancora il dente avvelenato per essere stata spinta fuori dai ministeri e si trova una Lega cannibale sulla schiena. Così il Cavaliere, non avendo una strategia ancora chiara e potendo solo ripetere che la colpa dello tsunami sull’euro non era sua, risfodera il vecchissimo cavallo di battaglia dei comunisti alle porte, del Pd mai diventato socialdemocratico.
Dal partito di Bersani nessuna risposta ufficiale. In via riservata i Democratici spiegano che le parole dell’ex premier sono quelle di un uomo sconfitto, che recita due parti in commedia. Si appresta a votare il pacchetto delle misure anti-crisi, sa che Monti durerà fino al 2013 perché provocare le elezioni anticipate sarebbe un disastro per lui, il ko definitivo. Deve però alzare la voce, distinguersi, evocare in maniera stanca vecchi repertori di una stagione sepolta. In questo modo, osservano a Largo del Nazareno, il Cavaliere pensa di tenere a bada chi nel suo partito lo spinge a elezioni in primavera. Ma c’è un’altra parte del Pdl, dai ciellini di Lupi e Formigoni a Scajola, Frattini ed ex Dc, che voglio andare avanti con Monti. E guardano all’Udc e al Terzo Polo come via d’uscita dal vecchio schema del centrodestra e dall’abbraccio con la Lega. Sono gli stessi che temono che Alfano non abbia le gambe per creare la riunificazione dei moderati sul modello Ppe.
Casini vorrebbe strappare il velo di ipocrisia che copre i rapporti tra le forze politiche che sostengono Monti. Fosse per lui i vertici della nuova maggioranza dovrebbero tenersi alla luce del sole, senza infilarsi nei sottopassaggi del Senato. L’ex presidente della Camera tuttavia non crede che Berlusconi stacchi la spina fintantoché i suoi interessi saranno salvaguardati. Del resto, è stato lo stesso Bossi a spiegare che l’ok del Cavaliere al nuovo governo è stato dettato dalla necessità di mettere a riparo le aziende Mediaset.
Ora il problema è tutto di Alfano. Quando i provvedimenti economici arriveranno in Parlamento dovrà tenere unito il suo partito. Se il Pdl si spaccherà, dovrà decidere da che parte buttarsi. Nel Pdl molti, da entrambe le fazioni, si chiedono se avrà birra nelle gambe per tenere la botta: o di rompere o di continuare a sostenere Monti, in ogni caso. Alfano va in quest’ultima direzione, su un terreno di responsabilità nazionale in cui può incontrare il Terzo Polo e costruire la nuova casa dei moderati. Più facile a dirsi che a farlo perché tutto passa attraverso il cerchio di fuoco della prova del governo Monti. Ancora una volta potrebbe essere Berlusconi a dire l’ultima parola e lo stesso Alfano è terrorizzato che possa essere Casini a prendersi la leadership del Ppe italiano.
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