FIAT
Termini Imerese, riunione decisiva
domani al Ministero dello Sviluppo
La soluzione della vertenza sullo stabilimento in Sicilia, che da oggi cessa ufficialmente la produzione, potrebbe essere più vicina. Fiat sarebbe disponibile a mettere risorse che mancavano per la mobilità incentivata degli operai. Vescovo di Palermo: "la chiusura rischia di far aumentare la mafia"
Operai in presidio a Termini Imerese ROMA - Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera ha convocato per domani mattina alle 10 Invitalia, l'advisor del ministero e i sindacati metalmeccanici sullo stabilimento di Termini Imerese 1, informano fonti sindacali. La soluzione della vertenza sullo stabilimento palermitano, che da oggi ha cessato la produzione, potrebbe essere più vicina: Fiat, secondo alcune fonti, sarebbe disponibile a mettere risorse che mancavano per la mobilità incentivata.
Si tratta di una "riunione propedeutica all'incontro già fissato per il pomeriggio del 30 novembre presso lo stesso ministero tra tutti i soggetti interessati alla vertenza di Termini Imerese", ha detto il segretario generale della Uil, Rocco Palombella, durante la quale "si verificheranno esclusivamente tra le due parti presenti se esistono le condizioni per arrivare ad un'intesa positiva sul futuro dello stabilimento siciliano".
E' proprio l'accompagnamento alla mobilità il nodo principale nella trattativa per il passaggio dello stabilimento da Fiat alla molisana Dr Motor. Gli incentivi sono necessari per ridurre il bacino di dipendenti da riassumere: attualmente nel sito sono occupati 1566 lavoratori mentre il patron della Dr, Massimo Di Risio, sarebbe disposto a prendere in tutto 1.312 dipendenti 2. Inoltre, c'è l'indotto da garantire, circa 350 lavoratori. Per ridurre il bacino dei dipendenti da trasferire da Fiat a Dr si farebbe, quindi, ricorso alla mobilità incentivata verso la pensione. Uno strumento che, però, avrebbe dei costi finora considerati dal Lingotto troppo alti.
Mercoledì scorso le parti, al termine dell'ennesima riunione al dicastero dello Sviluppo economico, si erano date appuntamento per mercoledì 30 novembre, data in cui ci si aspetta di arrivare a una soluzione definitiva per lo stabilimento.
La giornata di ieri 3è stata vissuta con rabbia e disperazione nello stabilimento, che alle 22 ha concluso il secondo turno di produzione, l'ultimo dopo 41 anni di attività: da oggi l'azienda del Lingotto cessa ufficialmente la produzione nell'impianto aperto nel 1971, che garantiva il posto a 2200 dipendenti tra diretti e indotto. Gli operai da ieri mattina sono radunati in presidio davanti ai cancelli, e ieri sera hanno impedito l'uscita dalla fabbrica delle ultime automobili assemblate. Di notte hanno acceso il fuoco per scaldarsi vicino a due gazebo e per dormire qualche ora si sono riparati nelle proprie auto messe di traverso davanti il cancello dello stabilimento per impedire l'uscita delle bisarche con le auto.
Le vetture, come hanno spiegato i sindacati, non lasceranno Termini Imerese finchè l'azienda non avrà concluso un accordo che garantisca un futuro certo ai dipendenti, e le tuteli nella fase di transizione al nuovo proprietario. Sul tavolo, quindi, c'è la questione legata alla possibilità del prepensionamento di quei lavoratori che abbiano maturato le condizioni per usufruirne; un aspetto in cui potrebbe rivelarsi determinante il ruolo della regione siciliana, che si è detta pronta a verificare "se esistono strumenti ulteriori per concorrere agli incentivi alla mobilità".
Sulla chiusura di Termini Imerese si è espresso anche il vescovo di Palermo, monsignor Paolo Romeo, che in un'intervista a Radio Vaticana ha lanciato l'allarme: "si rischia di far aumentare la criminalità organizzata nel Sud Italia, più volte ho attirato l'attenzione su questo ed ho fatto un appello alla responsabilità", ha dichiarato. Ed ha accusato la politica non di impotenza ma di indifferenza, "perché ha perduto come obiettivo la promozione del bene comune e soprattutto l'attenzione alle persone".
Anche per il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, lo stop all'impianto palermitano rappresenta un fatto drammatico. "Ma non ci scoraggiamo", ha detto. "Abbiamo avviato un lavoro duro, faticoso e costoso che dovrebbe vedere subentrare un imprenditore di medie dimensioni, sperando che possa insediarsi e ben produrre".
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